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Sgrassatore universale alle foglie di alloro

Io utilizzo particolarmente questo detergente sui piani della cucina.
Dal lavandino al piano da lavoro.

Il materiale è facilmente reperibile e poco costoso.

Cosa ci occorre:
- 60/70 grammi circa di foglie di alloro
- 250 ml alcool alimentare (tipo buongusto 95°) oppure grappa oppure vodka
- 500 ml acqua demineralizzata
- barattolo di vetro capiente
- spruzzino da 750 ml

La prima cosa da fare è raccogliere le foglie di alloro e con un panno umido pulirle dalla polvere.
Nel barattolo di vetro inserire le foglie e 250 ml di alcool alimentare. Lasciare macerare almeno una trentina di giorni chiuso con il tappo a vite. Trascorso il tempo assumerà un colore verde acceso.

Travasare nello spruzzino aggiungendo anche 500 ml di acqua demineralizzata.




Un regalo in autoproduzione per la mia amica speciale

Ho fatto un regalo ad un mia amica. Innanzi tutto ho utilizzato dei vasetti in vetro riciclati e rigorosamente sterilizzati (vedi linee guida di sterilizzazione del Ministero della Salute).
Le ho preparato: 
- un vasetto con l'argilla verde ventilata per una maschera 
- un altro contenitore con la farina di avena (tritata dai fiocchi di avena) per una detersione della pelle
- un vasetto con il deodorante
- un vasetto con delle piastrelline scrub realizzate all'uncinetto 






'tutte le strade portano a Roma'


L’espressione “tutte le strade portano a Roma” viene dalla tradizione ed è utilizzata in altre lingue, come l’inglese (all streets lead to Rome), con lo stesso significato conosciuto in Italiano. Cosa significa? Beh, a conti fatti ci dice che qualunque sia la direzione che prendiamo per una decisione essa comunque condurrà allo stesso risultato. La frase prende origine dal fatto che durante l’espansione romana e l’Impero, che occupava tutto il bacino mediterraneo e gran parte dell’Europa continentale, il sistema stradale romano fosse organizzato in modo che da tutti i luoghi, principalmente dalle grandi città e dai grandi mercati, nonché dalle fortezze legionarie, fosse possibile arrivare a Roma percorrendo una delle tante strade imperiali. Questo sistema di irraggiamento delle comunicazioni era molto antico e datava fin dalla prima costruzione delle grandi arterie consolari, alcune delle quali sono ancora oggi utilizzate, perlomeno come direttrici di collegamento (la più famosa è la via Emilia).

In senso metaforico dunque, quando diciamo che “tutte le strade portano a Roma”, intendiamo dire che qualunque sia il mezzo o lo strumento che utilizziamo per risolvere un problema o affrontare un caso (sia esso difficile o semplice), ci porterà sempre allo stesso risultato. Questa frase è in uso dal Medioevo, si pensa dall’undicesimo secolo, quando in Europa il sistema di comunicazioni era ancora sostanzialmente quello in uso al tempo dell’Impero Romano caduto ben sette secoli prima. Spesso questa frase, davvero molto perspicace, viene utilizzata per sottolineare il fatto che delle nuove soluzioni portano comunque ai vecchi risultati, come se non fosse cambiato nulla o se il sistema di fare è sempre il medesimo.

Il sistema stradale romano era molto efficiente: irradiandosi lungo l’impero a partire da un’ossuta penisola, con forti ostacoli orografici, era in grado di mettere in collegamento centri molto lontani tra di loro, favorendo il commercio e l’integrazione. L’impero fu una istituzione unitaria, nella quale si parlavano ufficialmente due lingue (latino e greco) e si utilizzava la stessa moneta (il denario, come le sue frazioni), si usavano le stesse leggi e uguali diritti erano concessi ai cittadini, cioè gli abitanti in possesso della cittadinanza romana (oggi si direbbe del “passaporto romano”). Le strade erano essenziali per la penetrazione culturale, sociale, e naturalmente militare. Anzi si può dire che le strade romane siano state la più grande infrastruttura militare mai costruita dall’uomo: un sistema nervoso in grado di reggere le sorti dell’impero per ben 5 secoli. Le truppe legionarie, anche a cavallo, potevano muoversi liberamente tra i vari centri a velocità altissime rispetto ai tempi, spesso bruciando gli avversari con mosse a sorpresa.

Recentemente i designer Benedikt Gross, Phillip Schmitt e Raphael Reimann (Moovel Lab) hanno mostrato, con sistemi di mappature moderne, che ancora oggi tutte le strade portano a Roma.

Fonte: Picaroma

La bocca della verità

La Bocca della verità è l’antico mascherone, probabilmente un antico tombino,  del diametro di metri  1,80, murato nella parete del pronao di Santa Maria in Cosmedin, ha le sembianze di un volto maschile con barba; occhi, naso e bocca sono forati per fare defluire l’acqua.

Il film Vacanze Romane di William Wyler, con gli indimenticabili protagonisti Audrey Hepburn e Gregory Peck, ha consacrato la Bocca della Verità ad una indiscussa fama. Era il 1953 e da allora è entrato nell’immaginario turistico. La sua fama è legata alla tradizione popolare, per la credenza che la bocca potesse mordere la mano di chi non avesse affermato il vero.

La fila di turisti che ancora oggi desiderano la foto con la mano nella bocca del chiusino certifica la forza dell’immagine fotografica; quelli che invece hanno timore, qualche bugia la devono aver detta.

Fonte: Turismo Roma

I sette colli di Roma



Il sette è un numero che ricorre spesso nella cultura Romana e che va ricordato non solo per i sette Re ma anche per i sette colli di Roma che, secondo la tradizione, furono i luoghi in cui venne fondata la Città Eterna. Le origini di Roma si rifanno al colle Palatino dove, secondo la leggenda, venne fondata la città dal prime Re Romolo il 21 aprile del 753 a.C.

I sette colli di Roma si trovano tutti a est del Tevere e nel corso della storia hanno ricoperto un ruolo fondamentale per quanto riguarda la religione, la mitologia e la politica degli antichi Romani. Con il passare dei secoli e la conseguente espansione di Roma si parlerà anche di Vaticano e Gianicolo come colli romani, anche se i sette colli, così come li conosciamo attraverso la storiografia di Cicerone e Plutarco, sono quelli elencati di seguito.
I SETTE COLLI DI ROMA


AVENTINO
 E’ uno dei sette colli sui quali venne fondata Roma e si trova nella parte più a sud della città. Si divideva in "Aventino", collocato tra il fiume Tevere e la valle in cui sorgeva il Circo Massimo, e "Aventino minore”. A differenza del Palatino, noto per essere abitato dalle nobili famiglie patrizie, l’Aventino era un quartiere popolare abitato dalla plebe. Durante la Roma Imperiale sull’Aventino si iniziarono a costruire grandi residenze aristocratiche, tra cui si ricordano quelle di Traiano, Adriano e Vitellio. Oltre alle residenze regie, sul colle vennero realizzati numerosi edifici pubblici tra cui le Terme Decianae e le Terme di Caracalla. Non solo, il territorio boschivo che caratterizzava l’Aventino fece si che il colle acquistasse un’importanza religiosa non indifferente, tanto da diventare un vero e proprio luogo di culto sul quale sorsero in breve tempo diversi templi come il Tempio di Diana e il Tempio di Minerva, solo per citarne alcuni. Il colle non perse il connotato religioso neppure durante il Medioevo, quando in corrispondenza degli antichi templi romani, sorsero le antiche chiese romane di Santa Sabina all’Aventino, San Saba e Santa Maria del Priorato che ancora oggi è possibile ammirare passeggiando sul colle romano.
AVENTINO

CAMPIDOGLIO
Conosciuto anche come Monte Capitolino (Mons Capitolinus) è uno dei sette colli su cui venne fondata la città e si trova tra il fiume Tevere e il Foro Romano. Anche sul Campidoglio sorgevano importanti templi e luoghi di culto, come il Tempio di Giunone, il Tempio di Veiove, il Tempio di Giove Capitolino, dal quale prende il nome il colle, il Tempio di Marte Ultore e il Tempio dedicato alla Concordia. La struttura architettonica del Campidoglio nel corso dei secoli ha subito diverse variazioni, la prima fu attuata con la costruzione di una cinta muraria voluta per rafforzare le difese in seguito all’assalto dei Galli nel 390 a.C. Da queste mura si aprivano diverse porte, una delle quali collegava il Campidoglio con il Foro Romano. Durante il Medioevo invece si ebbe una vera e propria riorganizzazione: fu riprogettata la Piazza del Campidoglio su progetto di Michelangelo e vennero realizzati il Palazzo Nuovo e il Palazzo dei Conservatori che attualmente ospitano i Musei Capitolini.
CAMPIDOGLIO

PALATINO
Il colle Palatino, il cui nome deriva da Pale, dio dei pastori, costituisce una dei siti più antichi di Roma e si trova tra il Foro Romano e il Circo Massimo. E’ qui che, secondo la leggenda, venne fondata Roma ed è sempre qui che in durante la Roma Imperiale i grandi imperatori come Augusto, Tiberio e Domiziano fecero costruire i loro sontuosi palazzi. Durante il periodo della Repubblica Romana il Palatino divenne la sede di diversi culti celebrati nel Tempio della Magna Mater e nei templi di Apollo e Vesta.  Oggi il colle Palatino costituisce una delle aree archeologiche più importanti di Roma che può essere visitata ogni giorno a piedi.
PALATINO

CELIO
Il Celio o Mons Caelius è il colle di Roma che confina con l’Esquilino, il Palatino e l’Aventino e il cui punto più elevato si trova a ridosso del Colosseo. Dagli scavi archeologici si deduce che sul colle vennero costruiti in epoca antica diversi nuclei abitativi, tra cui prestigiose domus romane, templi e basiliche. Nella parte extraurbana invece sorgevano le caserme militari, tra cui quella edificata da Settimio Severo che in parte sorgeva sulla Basilica di San Giovanni in Laterano. In seguito alla distruzione di gran parte degli edifici del Celio per opera di Alarico, sul colle iniziarono a sorgere diversi centri religiosi tra cui la chiesa di Santa Maria in Domnica e la Basilica di Santo Stefano Rotondo.
CELIO
ESQUILINO
Il colle Esquilino venne annesso a Roma per volere di Servio Tullio e i primi ritrovamenti risalgono al VIII secolo a.C. , periodo in cui si possono datare i resti di un’antica necropoli rinvenuta nel territorio.  Si tratta del colle più ampio e più alto di Roma ed è caratterizzato da due rioni principali, il Rione Esquilino e il Rione Monti, separati tra loro da Via Merulana. L’antica via Romana collega la Basilica di San Giovanni in Laterano alla Basilica di Santa Maria Maggiore, due delle quattro basiliche papali di Roma.

ESQUILINO

QUIRINALE
Il Quirinale o Collis Quirinalis è uno dei sette colli su cui venne fondata Roma e in origine faceva parte di un gruppo di colli attualmente scomparsi. La leggenda narra che sul Quirinale si trovata un villaggio di Sabini i quali avevano eretto un altare in onore del loro dio, Quirino appunto, da cui il colle avrebbe preso il nome. Sul territorio sono stati ritrovati diversi templi e luoghi di culto tra cui il Tempio di Marte e il Santuario di Flora. Dal Medioevo in poi  sul Quirinale vennero costruiti importanti edifici e chiese tra cui la Torre delle Milizie,  il Convento dei Santi Pietro e Domenico, la Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, progettata da Gian Lorenzo Bernini, la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane del Borromini, la Chiesa di San Silvestro al Quirinale e il Palazzo della Consulta. Sul colle romano nel 1730 venne realizzato il Palazzo del Quirinale che dal 1948 è la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica.
QUIRINALE

VIMINALE
Il Viminale, che attualmente fa parte del Rione Monti, è il più piccolo dei sette colli di Roma e prende il nome dalle piante di vimini che originariamente popolavano la zona. Anche questo colle, come il Quirinale, fu annesso alla città da Servio Tullio e qui sono stati rinvenuti i resti di sontuose villa romane. Durante il regno di Diocleziano sul colle furono realizzate le grandi terme romane sui resti delle quali Michelangelo, nel 1561, realizzò la Basilica di Santa Maria degli Angeli. Oltre alla basilica nella zona del Viminale oggi potrete ammirare altri importanti edifici tra cui il Teatro dell’Opera, Piazza della Repubblica e il Palazzo del Viminale, sede del Ministero dell’Interno.
VIMINALE

Fonte: Immagini d'Italia e vorrei aggiungere inoltre articolo molto piacevole alla lettura.

Dove mangiare a Roma sulle orme dei grandi film


MANGIARE BENE A ROMA NON E' UN'IMPRESA ARDUA
 Ma in questo caso vogliamo dare un taglio diverso, proponendo un tour gastronomico cinematografico, per suggerire ai migliori palati specialità dei luoghi condite con suggestioni da grande schermo. Ecco a voi una guida di luoghi e sapori solo per voi, tra gusti semplici e gourmet e atmosfere affascinanti. Da cinema.

(film:Vacanze Intelligenti)

Roma è maestosa, è un museo a cielo aperto, è fascino, storia, bellezza. Ed è anche cibo e cinema. Due ingredienti che, messi insieme e mescolati con sapienza, possono suggerire un tour cine-gastronomico molto affascinante. Sono tanti infatti i film che immortalano alcuni ristoranti della capitale che hanno il pregio di offrire una buona cucina, associata alla sensazione di rivivere alcune scene del grande schermo. Roma è una cornice perfetta per unire cibo e cinema e la moltitudine di pellicole girate nella capitale hanno saputo descrivere al meglio l’italian style incentrato sul buon cibo. Dal neorealismo alla commedia all’italiana, dal cinema straniero fino a quello di Sorrentino, tantissime sono le scene girate all’interno di ristoranti, mentre alcuni locali si ispirano direttamente a pellicole famose.

Uno dei primi ristoranti da film, forse perché evoca il recente La Grande Bellezza, è il lussuoso La Veranda dell’Hotel Columbus in Borgo Santo Spirito, vicino a San Pietro. In questo “Ristorante con un bellissimo presente, ma con un passato importante” è stata infatti girata una scena cult che vede protagonisti Gep Gambardella (Toni Servillo) e Ramona (Sabrina Ferilli) impegnati in una cena galante e intenti a osservare i presenti in sala, tra cui moltissimi preti e suore e persino un cameo di Antonello Venditti. Situato in un ex convento all’interno del Palazzo della Rovere, La Veranda dell’Hotel Columbus è un ristorante molto elegante, con una imponente sala risalente al 1490 interamente affrescata da capolavori del Pinturicchio. I piatti sono tipici della cucina mediterranea e italiana, ma spesso ricercati e rivisitati: coscia battuta di manza Fassona, con uovo di quaglia, capperi, sedano e senape oppure fettuccine di farro mantecate al pecorino con salsa di pomodorini infornati e pistacchi. Tanto per dare un’idea.

Altra colonna della ristorazione cinematografica è Necci dal 1924, volutamente ispirato alle borgate romane e tappa imprescindibile per assaggiare il vero spirito borgataro dei film di Pasolini, a cominciare dall’Accattone, girato proprio tra le strade del Pigneto e il bar Necci. Nel 2009 Francesca Archibugi lo seleziona per girare alcune scene del suo Questione di cuore, mostrando alcuni spaccati della vita di borgata. Il locale è segnalato anche dal New York Times come uno dei migliori ristoranti di Roma, per la cucina semplice e genuina: baccalà, stracciatella e cicoria, bucatini all’amatriciana o spaghettoni cacio e pepe.

Cencio la Parolaccia, istituzione di Trastevere situato in Vicolo dei Cinque, è stato così ribattezzato proprio dai proprietari. Fondato nel 1941 da Vincenzo “Cencio” e Renata de Santis, i due coniugi decisero infatti di unire al tradizionale lavoro di ristorazione un intrattenimento basato sulle canzoni folkloristiche locali, condite da termini piccanti. Location ideale di tantissimi film nostrani rievoca soprattutto Fracchia la belva umana. Inutile dire che se si vuol mangiare romanesco è una destinazione ideale. Il menù è basato sui piatti tipici della tradizione fondata su ingredienti di derivazione rurale e contadina, preparati secondo ricette spesso tramandate di generazione in generazione al interno delle famiglie.

Sempre parlando di cibo e cinema non si può non pensare a quel piatto di spaghetti pomodoro e basilico gustato voluttuosamente da una splendida Julia Roberts nel film Mangia, prega, ama (Eat, pray, love). Siamo alla trattoria Santa Lucia di via Largo Febo 12. La location della famosissima scena degli spaghetti ha servito anche il pranzo ad attori e troupe, seducendoli con fiori di zucca alla romana e bucatini alla gricia.

La lista continua, per scoprire che il matrimonio tra ristoranti romani e pellicole che hanno fatto la storia del cinema ha origini antiche. Il Biondo Tevere per esempio fu scelto da Luchino Visconti per girare Bellissima, con Anna Magnani, nella sua magica terrazza sul Tevere ed è uno dei luoghi cult della Roma intellettuale. Pasolini consumò proprio qui la sua ultima cena e Willem Defoe l’ha ricostruita diretto dal regista newyorkese Abel Ferrara. Ovviamente al Biondo Tevere, dove la chef e storica proprietaria Giuseppina Panzironi Sardegna consiglia sauté di cozze e vongole, linguine al Biondo Tevere, frittura di paranza, delizie al limone. Oppure, per chi preferisce un menu di terra, antipasto di affettati con bruschetta, rigatoni all’amatriciana, saltimbocca alla Romana, ciambelline e tozzetti.

Woody Allen invece ha scelto l’Osteria Margutta per la sua pellicola To Rome with Love, sedotto dagli arredi e dalla sua caponatina marguttiana, ma intercetta nel film anche lo storico Caffè della Pace (al momento chiuso - luglio 2018) e La vecchia Pineta, che offre piatti di mare nell’elegante sala dalle grandi vetrate all’interno di un lido degli anni 30.

Una menzione particolare merita infine la Buzzicona, omaggio a uno dei capolavori della cinematografia italiana che grazie alla presenza di Sabrina, figlia di Anna Longhi che ha raccolto l’eredità de la “buzzicona” del film di Sordi Vacanze Intelligenti, è un vero marchio della romanità cinematografica. Nella pellicola esilarante e amara, feroce critica alle tendenze intellettuali e radical chic, una coppia di fruttivendoli romani, Remo (Alberto Sordi) e Augusta (Anna Longhi), si fa convincere dai tre figlioli laureati a trascorrere “vacanze intelligenti” all’insegna di una ferrea dieta, visite alla necropoli etrusca, alla Biennale di Venezia e concerti. Finché approdano in una trattoria dove si trovano come vicini di tavolo la principessa d’Aragona e una tavolata di snob e danno sfogo alla loro vera indole, tra salsiccia e fagioli e vino rosso (“che fa sangue”). E alla fine conquistano i radical chic, divenendo trend setter ante litteram. Quadri, fotografie e citazioni di Alberto Sordi scandiscono l’atmosfera di questo ristorante situato in uno dei luoghi più suggestivi del Lido di Ostia, il Borghetto dei Pescatori, dove si possono gustare bucatini all’amatriciana e bambolotti alla vaccinara e, ovviamente, un bell’antipasto Buzzicona, fatto da bruschetta, frittate, polpettine, zuppe e verdure grigliate.


Fonte: Diners Food

Il Castello di Maccarese

Arrivando da est ed andando verso il mare, accanto al torrente Arrone, si erge il Castello di San Giorgio.

Camillo Rospigliosi iniziò i lavori di trasformazione di Villa San Giorgio, le cui origini si perdono nel tempo, ma di cui si hanno notizie certe nel XIII secolo, nel 1756.
Da un testamento si evince che i Normanni erano proprietari nel 1254 di un vastissimo territorio comprendente le località di Ceri, Palo, Castel Campanile, Villa San Giorgio, Castel di Guido, Leprignano e Testa di Lepre.
I normanni erano stato condotti a Roma da Papa Nicolò II nel 1058, per guerreggiare contro feudatari ribelli che avevano provocato lo scisma di Benedetto X, ossia i conti di Galeria, i conti di Tuscolo ed i Crescenzi della Sabina.
Gli Anguillara, il ramo più famoso dei Normanni, risanarono gran parte del territorio, fatto che si ricorda attraverso la leggenda dell’uccisione di un mostro che “infestava le plaghe, seminando terrore fino al mare”.
Il Papa e l’imperatore promisero tanta terra quanta percorsa da colui che avesse sgominato il mostro.
I cavalieri andarono a stanare il dragone da una grotta; l'attuale Malagrotta, e colui che lo atterrò fu uno dei signori di Anguillara, che ebbe in premio il terreno da lui liberato.

Dai disegni e cartografie d’epoca appare chiaramente la pianta ed il volume del castello nelle varie caratteristiche primigenie, anteriori alle opere di fortificazione volute dal precedente proprietario Mattei.
La proprietà del castello è passata dagli Anguillara, famiglia romana forse di stirpe longobarda, ai Mattei, nobile famiglia romana, ai Pallavicini famiglia che trae origine dagli Estensi dei Malaspina, di cui la figlia di Stefano sposò Giambattista Rospigliosi.
Proprio Stefano Pallavicini acquistò, nel 1683, dai Mattei il Castello di Maccarese.
I Rospigliosi, originari di Pistoia, che ebbero nella famiglia anche un papa, Clemente IX, entrarono in possesso del castello in occasione del matrimonio di Maria Camilla Pallavicini, che portò in dote la tenuta di Maccarese,  con Gianbattista Rospigliosi.


Nel 1925 la proprietà è stata trasferita alla Società Anonima Bonifiche.
Di assoluto rilievo la spaziosa scala elicoidale, che permette l’accesso all’interno, la sala della musica, la torre, il giardino sul cui sfondo si erge la chiesetta delle Suore, rimasta intatta nei suoi contorni nella configurazione originaria, oltre a sale, scale interne, androne, tutti ravvivati da dipinti, tabelle commemorative e vestigia di marmo.
Nel passato sede della Società con i suoi uffici, è ora destinato a convegni, manifestazioni culturali, mostre, ed eventi.

Fonte: Il castello di San Giorgio 

Parco dei Mostri di Bomarzo


Il parco dei Mostri di Bomarzo fu ideato dall'architetto Pirro Ligorio uno dei più grandi architetti della seconda metà del 1500 italiano ... e forse oggi un po' troppo poco ricordato.
Pirro Ligorio per il Cardinale Ippolito II d'Este realizzò Villa d'Este a Tivoli.
Su commissione del Principe Pier Francesco Orsini realizzò il Parco dei Mostri di Bomarzo.
E per finire, una più che onorata carriera, completò San Pietro dopo la morte di Michelangelo!
Ma torniamo a Bomarzo ed a Pier Francesco Orsini detto Vicino (1523-1585).
Il parco dei Mostri di Bomarzo fu ideato dall'architetto Pirro Ligorio uno dei più grandi architetti della seconda metà del 1500 italiano ... e forse oggi un po' troppo poco ricordato.
Pirro Ligorio per il Cardinale Ippolito II d'Este realizzò Villa d'Este a Tivoli.
Su commissione del Principe Pier Francesco Orsini realizzò il Parco dei Mostri di Bomarzo.
E per finire, una più che onorata carriera, completò San Pietro dopo la morte di Michelangelo!

Ma torniamo a Bomarzo ed a Pier Francesco Orsini detto Vicino (1523-1585).

Vicino era figlio di Gian Corrado Orsini, Signore di Bomarzo e di Clarice degli Orsini di Monterotondo.
Seguendo le orme del padre Vicino venne iniziato alla carriera militare che, quasi misteriosamente, decise di abbandonare a poco più di trentacinque anni.

Vicino si ritirò a Bomarzo insieme alla moglie Giulia Farnese.
Nel 1560 Giulia morì e Vicino, "sol per sfogare il core" rotto per la morte della moglie, passò i seguenti 25 anni a studiare i classici per trovare ispirazione nella creazione del "Suo" parco, la Sua "Villa delle meraviglie" ... quella che doveva diventare un'opera unica al mondo.
Le sculture (alcune sicuramente realizzate da Simone Moschino) vennero direttamente scavate nei mastodontici blocchi di peperino, che un po' dappertutto si trovano nella valle e, probabilmente, solo la morte, impedì a Vicino di usarli tutti.
E dai massi prendono vita animali giganteschi, eroi omerici o semplici sirene o dee romane.
Costruì la bellissima casa pendente ed il mausoleo funebre di Giulia.
E un po' dappertutto Vicino lascia incisi sul peperino versi, non sempre chiari, sull'aldilà (della moglie).


Noi siamo un po' scettici sull'accaduto a partire dalla reale causa della morte di Giulia Farnese in quale parte dell'aldilà, secondo Vicino, soggiorni.
Poi il Parco dei Mostri di Bomarzo entra in un lungo oblio fino al 1954 quando venne acquistato dal Sig. Giovanni Bettini che, con amorevole cura, lo ha prima ripulito e poi gestito.
La visita al parco si snoda su una serie di tappe tra la mitologia ed il fantasy.
Noi ne abbiamo individuate 24 anche se nel parco ne sono presenti molte di più.
Si ringrazia Il Sig. Giovanni Bettini autore della "Guida al Parco dei Mostri" da noi utilizzata per prima visitare e poi scrivere questo piccolo sito.

Ed ora iniziamo la visita alla fantastica ed onirica ...


Per maggiori info: Il Parco dei Mostri di Bomarzo

la spiaggia di capocotta

La spiaggia di Capocotta è la zona di litorale romano compresa tra il mare laziale, dal km 7,600 al km 10,100 della via Litoranea, e tra Castel Porziano e Torvaianica, ed è uno dei tratti di dune meglio conservati d'Italia. Capocotta si estende per 45 ettarie dal 1996 fa parte della Riserva naturale Litorale romano.

La tenuta di Capocotta, probabilmente già nota in passato con il nome di Capocorso, emerge per la prima volta come unità autonoma nel XV secolo, quando risulta di proprietà di Camillo Capranica. Passò poi durante il XVII secolo ai Borghese; secondo il Catasto Annonario del 1803, aveva una superficie di circa 760 ettari. Agli inizi del secolo XX, divenne proprietà privata della Casa reale, che intendeva così ingrandire l'adiacente Tenuta di Castelporziano, in uso alla famiglia regnante ma di proprietà dello stato italiano.

Dopo la fine della monarchia seguì la sorte delle proprietà private di Casa Savoia e divenne per tre quarti proprietà degli eredi di Vittorio Emanuele III. Su quest'area si progettò la costruzione di un quartiere residenziale finché nel 1985, su iniziativa dei movimenti ambientalisti e dell'allora Presidente Sandro Pertini, 1000 ettari dell'area furono annessi a Castel Porziano, dopo la guerra assegnata in uso al Presidente della Repubblica, ripristinando così l'unità storica dell'antico territorio laurentino.

Quella che oggi viene considerata la spiaggia di Capocotta rappresenta quindi, in senso stretto, la fascia litoranea del vecchio latifondo non incluso nella Tenuta presidenziale; ciò giustifica l'appellativo di ex Tenuta di Capocotta per la località.

La zona dunale di Capocotta è di notevole interesse ambientale, ma anche antropologico e sociale: la spiaggia infatti è riconosciuta dal movimento naturista internazionale, ed è punto di incontro per la comunità LGBT romana.

Fonte: Wikipedia

I giardini di Ninfa


Il giardino di Ninfa è stato dichiarato Monumento Naturale dalla Regione Lazio nel 2000 al fine di tutelare il giardino storico di fama internazionale, l’habitat costituito dal fiume Ninfa, lo specchio lacustre da esso formato e le aree circostanti che costituiscono la naturale cornice protettiva dell’intero complesso, nelle quali è compreso anche il Parco Naturale Pantanello, inaugurato il 15 dicembre 2009.


Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana, dedicato alle Ninfe Naiadi, divinità delle acque sorgive, costruito nei pressi dell’attuale giardino. 
A partire dal VIII l’Imperatore Costantino V Copronimo concesse a Papa Zaccaria questo fertile luogo, facente parte di un più vasto territorio chiamato Campagna e Marittima, entrò a far parte dell’amministrazione pontificia. Al tempo contava solo pochi abitanti, ma aveva assunto un ruolo strategico per la presenza della Via Pedemontana: trovandosi ai piedi dei Monti Lepini, era l’unico collegamento alle porte di Roma che conduceva al sud quando la Via Appia era ricoperta dalle paludi. Dopo l'XI secolo Ninfa assunse il ruolo di città e fra le varie famiglie che la governarono ricordiamo i Conti Tuscolo, legati alla Roma pontificia, e i Frangipani, sotto i quali fiorì l’architettura cittadina e crebbe la considerazione economica e politica di Ninfa, ricordiamo infatti che nel 1159 il cardinale Rolando Bandinelli fu incoronato pontefice Alessandro III nella Chiesa di Santa Maria Maggiore. Nel 1294 salì al soglio pontificio Benedetto Caetani, Papa Bonifacio VIII, figura potente e ambiziosa, che nel 1298 aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa ed altre città limitrofe, segnando l’inizio della presenza dei Caetani nel territorio pontino e lepino, presenza che sarebbe durante per sette secoli. 
Pietro II Caetani ampliò il castello della città, aggiungendo la cortina muraria con i quattro fortini e innalzando la torre, già presente, a 32 metri, e realizzò il palazzo baronale.


Un accenno alla flora del Giardino
All’interno del giardino di Ninfa si incontrano varietà di magnolie decidue, betulle, iris palustri e una sensazionale varietà di aceri giapponesi, inoltre a primavera i ciliegi e meli ornamentali fioriscono in maniera spettacolare.
Fra le oltre 1300 piante diverse introdotte che è possibile ammirare negli otto ettari di giardino ricordiamo i viburni, i caprifogli, i ceanothus, gli agrifogli, le clematidi, i cornioli, le camelie.
Molte varietà di rose rampicanti sono sostenute dalle rovine ed estendono i lunghi rami vigorosi sugli alberi quali:  Rosa banksiae banksiae, RosaTausendshön, Rosa 'Mme. Alfred Carriere', Rosa filipes 'Kiftsgate', Rosa 'Gloire de Dijon', Rosa ‘Climbing Cramoisi Supérieur’.Le rose arbustive bordano il fiume, i ruscelli, i sentieri o formano aiuole come Rosa roxburghii, Rosa ‘Général Shablikine’, Rosa 'Mutabilis', Rosa hugoni, Rosa 'Ballerina', Rosa 'Iceberg', Rosa 'Max Graf', Rosa 'Complicata', Rosa 'Penelope, Rosa 'Buff Beauty'.
Il clima particolarmente mite di Ninfa permette anche la coltivazione di piante tropicali come l’avocado, la gunnera manicata del Sud America e i banani.
Vi sono anche molti arbusti piantati non solo per la loro bellezza ma anche perché offrono ospitalità alle numerose forme di animali presenti fra cui si evidenzia il folto gruppo dell’avifauna rappresentato da oltre 100 specie censite.

Per maggiori informazioni: I Giardini di Ninfa

Il Bioparco di Roma

Una volta si chiamava lo Zoo di Roma, o meglio il giardino zoologico di Roma. Oggi si chiama Bioparco e le differenze sono fondamentali. Oggi il Bioparco è una filosofia a difesa dell’ambiente e delle specie animali e cura tante iniziative nobili per perseguire i suoi scopi. Andiamo a conoscerlo insieme.
Il Bioparco ospita oltre 200 specie animali tra mammiferi, rettili, anfibi e uccelli, provenienti da ogni parte del mondo. Non si deve pensare al Bioparco di Roma come ad un luogo di costrizione degli animali. Il Bioparco persegue la conservazione della specie minacciate di estinzione attraverso azioni di sensibilizzazione, l’adesione a campagne internazionali di conservazione e a programmi europei di riproduzione in cattività.


il Bioparco è membro dell’EAZA (Unione Europea Zoo e Acquari) e della WAZA (Unione Mondiale Zoo e Acquari) e collabora a livello internazionale con molte istituzioni impegnate nella conservazione delle specie a rischio di estinzione. Il Bioparco partecipa al Progetto Arca, un progetto internazionale finalizzato alla salvaguardia degli anfibi, e a diversi programmi di riproduzione in cattività, denominati EEP (European Endangered species Programme), volti a favorire l’interscambio degli animali fra uno Zoo e l’altro.


Al suo interno potrete ammirare le 200 specie presenti in una cornice naturale  e meravigliosa. Passeggerete tra bellissimi pavoni e altre specie di uccelli, vi divertirete a bordo del trenino lungo il tragitto compiuto. Molto significativi sono i momenti di incontro con gli animali, momenti in cui ci si può avvicinare a determinate specie per osservarne meglio i comportamenti o quando si può approfittare dell’organizzazione di percorsi alla scoperta alcune altre specie.


Per maggiori informazioni: BIOPARCO

Le zoccolette con la nutella


Zoccolette romane alla nutella sono delle chicche di pasta lievitata fritte: deliziose, croccanti, accattivanti e credetemi una tira l’altra. Le zoccolette romane fritte sono un dolce tipico della tradizione culinaria romana e si possono realizzare utilizzando la rimanenza dell’impasto per pizza.  Qual’è il segreto della loro bontà? La nutella! Una colata di nutella che avvolge le zoccolette romane rendendole irresistibili! Ricetta imperdibile, per un dolce a quasi costo zero. Ottime a merenda o servite a fine pasto, ma a dire il vero sono buone sempre.


La neve a Fregene

"Have an ICE day!"

Risveglio sotto la neve per Roma. Sulla capitale Ã¨ caduta nella notte una fitta nevicata e la città si Ã¨ svegliata sotto una coltre di 3-4 centimetri di neve. Niente di allarmante ma una situazione inusuale per la capitale. La nevicata, preannunciata come effetto dell'ondata di gelo siberiano portato da dal vento nordico Burian (o Buran), Ã¨ cominciata alle tre di notte ed è proseguita per ore e in molte zone continua ancora. Le scuole oggi rimarranno chiuse, ma la metro funziona regolarmente. E' imbiancato il centro della capitale, con i monumenti iconici trasformati in meravigliose sculture di neve, subito ritratti in numerosi scatti pubblicati dai cittadini sui social media. Imbiancate anche la zona del Litorale, Ostia e Fregene.







Un corbezzolo secolare a casa Stabili


Museo Pianeta Azzurro di Villa Alba

Per il Museo Pianeta Azzurro di Fregene lasciamo che, in prima istanza, siano i numeri e la storia a parlare.



Il 1989 è l’anno di fondazione: in quell’anno la scultrice Alba Gonzales e suo marito Giuseppe Pietrantonio, dottore commercialista ma soprattutto bravissimo tenore, aprono la loro villa sul Lungomare di Ponente di Fregene, avendola in parte trasformata in Museo di Scultura Contemporanea con opere sparse all’interno della costruzione e nell’ampio giardino. L’apertura viene consacrata da due eventi, un premio ed una mostra, entrambi di respiro internazionale. La cadenza di questi eventi concomitanti, inizialmente annuale (dalla I edizione del 1989 alla XII del 2000), è divenuta biennale nel 2002 e nel 2004 (XIII e XIV edizione), infine è stata ripresa in forma annuale a partire dal 2016. Il lungo intervallo, determinato da dolorose circostanze, sembrava aver interrotto il flusso di energia positiva che dal luogo si sprigiona, ma l’amore per l’arte ha spinto Alba Gonzales a riaprire il Museo, in ciò stimolata non solo dalla sua creatività in continuo fermento ma anche dal successo riscosso dalle sue sculture in campo internazionale, attraverso numerose mostre in varie parti d’Europa e negli USA. Nel 2016 riapriva pertanto il Museo con una mostra antologica di Alba (con testo di Silvana Lazzarino) aggiungendo alcune delle opere realizzate nel corso del decennio di chiusura.

Il premio “Pianeta Azzurro” viene conferito ad una rosa di personalità (il numero è variato negli anni da 5 a 15), attive nei vari campi della cultura (cinema, teatro, critica d’arte, giornalismo, poesia, pittura, scultura, danza… ed anche economia e medicina). La mostra di scultura contemporanea è stata coordinata, per ciascuna delle 15 edizioni pregresse, da un critico d’arte unitamente ad Alba Gonzales. Ma è bene sottolineare che solo nella XV edizione del 2016 Alba ha allestito una propria antologica, spinta dall’esigenza di “ripresentarsi” al pubblico di Fregene, ma già nella presente edizione ha ripreso lo stimolante dialogo con i suoi colleghi scultori. E tale atteggiamento, che sottolinea la generosità e la natura aperta e disposta al confronto tipiche di Alba, va positivamente sottolineato, in un’epoca di edonistico isolamento e di protagonismo.

Del resto, la generosità di Alba ha indotto negli anni tanti artisti, anche internazionali (dal Belgio, Romania, Lituania, Iran, Siria), a far dono di una loro opera al Museo che, proprio per tale ricco patrimonio, costituisce oggi un punto di riferimento per l’arte contemporanea.

46 sono gli scultori e 5 i pittori che hanno donato una loro opera, anche se purtroppo ben 8 di questi lavori sono stati nel tempo trafugati. Qualche nome? Amerigo Tot, Angelo Canevari, Fausto Melotti, Simon Benetton, Tito, Ugo Attardi, Vittorio Da Colbertaldo, Corrado Cagli…

Ma adesso lasciamo i numeri e la storia e diamo spazio alla creatività.

Siamo dunque alla XVI edizione, nella quale Alba Gonzales accoglie un gruppo di amici scultori, quasi tutti provenienti dall’area delle Venezie, in un dialogo che è prima di tutto dialettica di visioni, di tecniche e di percorsi, con tutto vantaggio non solo reciproco ma anche e soprattutto del visitatore che ha modo così di riflettere, e magari anche di godere, a fronte degli ultimi approdi dell’arte figurativa contemporanea.

Questi “friends” hanno indubbiamente un elemento di affinità con l’operato di Alba Gonzales, anche loro hanno abbracciato il filone figurativo, anche se ovviamente si parla di una figurazione assolutamente contemporanea, che tiene conto degli esiti dell’astrazione e, pertanto, non è mai legata né al naturalismo né al realismo in senso stretto. Per tutti questi artisti la figura è un valore perché in grado di provocare emozioni, grazie all’inevitabile rispecchiamento che si produce nell’animo di chi guarda. Accanto ad Alba Gonzales sono Sergio Capellini, Giorgio Conta, Livio Conta, Sabrina Ferrari, Leonardo Lucchi e David Raddi, sostanzialmente due generazioni a confronto.

L’emozione si fa materia in queste fascinose sculture esposte al Pianeta Azzurro, sculture che, a loro volta, suscitano le più diverse riflessioni negli osservatori, coinvolti anche dall’armonia e dalla piacevolezza del bellissimo spazio, con il vento che trasporta profumi di pini e di mare.

Fonte: Alba Gonzales
pagina ufficiale: Pianeta Azzurro

L’11 febbraio la V edizione del Carnevale delle Biciclette

Domenica 11 febbraio 2018 appuntamento a Fregene con la quinta edizione del Carnevale delle Biciclette: uno dei Carnevali più originali organizzati in Italia perché propone l’ incentivazione dell’uso della bicicletta e di altri mezzi di trasporto ecologici e anti inquinamento. Chiunque lo desiderasse, potrà iscriversi alla gara dalle ore 14.00.
Alle 14.30 avrà inizio la sfilata lungo viale Castellammare, eccezionalmente chiusa al traffico: bambini, adulti, biciclette, tricicli, gruppi mascherati, carri allegorici, sparacoriandoli, accompagnati dalla Banda musicale di Ostia Lido arriveranno fino all’incrocio con via Cattolica, dove, dopo l’esibizione del Coro dAltroCanto con lo spettacolo Cartoonando, verranno premiate le seguenti categorie:
-migliore maschera bambino e bambina
-migliore maschera femminile e maschile
-bicicletta
-gruppi mascherati a piedi e in bici
-coppia
-maschera più originale
-migliore maschera classica
-miglior passeggino
La Pro Loco invita tutti, singoli cittadini, scuole, associazioni a partecipare all’evento.
Info: Pro Loco Fregene e Maccarese tel. 0666560596 – lun, mer, ven 10.30-12.30 e sabato 16.30-18.30- email info@prolocofregene.com; cell. 3385752814.

La casa albero di Giuseppe Perugini

La casa albero o casa sperimentale progettata da Giuseppe Perugini, Raynaldo Perugini e Uga De Plaisant viene costruita a Fregene alla fine degli anni ‘60.

La casa vuole rappresentare una sintesi di tutte le intenzionalità progettuali della famiglia Perugini. Come ricorda il figlio di Giuseppe, Raynaldo: “Essendo tutti e tre architetti (anche la madre Uga de Plaisant) era un po’ il giocattolo di famiglia, nel momento della realizzazione ognuno di noi proponeva soluzioni e nascevano discussioni…era una sorta di grande laboratorio… immaginatevi un plastico in scala reale! Questa era la casa di Fregene, un plastico al vero in cui ognuno metteva del suo. Una sorta di bottega globale nella quale lavoravamo tutti e per ogni problema c’erano un’infinità di soluzioni possibili. Infatti la cura dei dettagli e la messa a punto di tutte quelle soluzioni che hanno portato alla casa com’è oggi sono stati affrontati nella messa in opera. La particolare caratteristica costruttiva la rende un grande gioco di costruzioni…”.

Per ulteriori dettagli: ARCHIDIAP



Il giardino dei Tarocchi

Poco distante da Fregene si trova Il Giardino dei Tarocchi è un parco artistico situato in località Garavicchio, nei pressi di Pescia Fiorentina, frazione comunale di Capalbio (GR) in Toscana, Italia, ideato dall'artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle, popolato di statue ispirate alle figure degli arcani maggiori dei tarocchi.

Seguendo l'ispirazione avuta durante la visita al Parque Guell di Antoni Gaudí a Barcellona, poi rafforzata dalla visita al giardino di Bomarzo, Niki de Saint Phalle inizia la costruzione del Giardino dei Tarocchi nel 1979. Identificando nel Giardino il sogno magico e spirituale della sua vita, Niki de Saint Phalle si è dedicata alla costruzione delle ventidue imponenti figure in acciaio e cemento ricoperte di vetri, specchi e ceramiche colorate, per più di diciassette anni, affiancata, oltre che da diversi operai specializzati, da un'équipe di nomi famosi dell'arte contemporanea come Rico Weber, Sepp Imhof, Paul Wiedmer, Dok van Winsen, Pierre Marie ed Isabelle Le Jeune, Alan Davie, Marino Karella e soprattutto dal marito Jean Tinguely, scomparso nel 1991, che ha creato le strutture metalliche delle enormi sculture e ne ha integrate alcune con le sue mécaniques, assemblaggi semoventi di elementi meccanici in ferro.

Per maggiori informazioni: IL GIARDINO DEI TAROCCHI


Parco avventura Fregene



Cos’è il Parco Avventura?
Un modo nuovo ed emozionante di vivere la natura, riscoprendo il bosco avventurandosi tra le chiome degli alberi. Gioco, emozioni ed avventura si uniranno per farvi vivere una giornata indimenticabile, in completa sicurezza e nel pieno rispetto della natura, grazie a percorsi in sospensione costituiti da cavi, piattaforme aeree in legno e cordame, dove per il loro superamento, elementi come l’equilibrio, la coordinazione, la voglia di avventura ed in alcuni casi anche la fisicità, sono indispensabili. Personale qualificato, successivamente ad un breefing, vi guiderà lungo un percorso pratica che vi aiuterà ad acquisire dimestichezza con le attrezzature fornite.

Per ulteriori dettagli: PARCO AVVENTURA FREGENE




Maritozzi con la panna

Un dolce tipico della nostra regione in generale e della nostra città più in particolare, mangiato per lo più a colazione, magari accompagnato da un buon cappuccino schiumoso, che non a fine pasto. Pieno di panna, risale al periodo in cui i Romani consumavano delle pagnottelle dolci con uvetta e miele; nel Medioevo, invece, si mangiavano durante la Quaresima. Maritozzo, questo sconosciuto: il termine si lega a due tipi di tradizione.

La prima prevede che, il primo venerdì del mese di marzo, i ragazzi regalino un maritozzo alla futura sposa; la seconda, invece, vuole che siano le donne in età da marito a dover preparare i maritozzi partecipando ad una vera e propria competizione il cui premio è il corteggiamento dei più belli del rione.

Per la ricetta visita il sito: NOI DI ROMA